Estranei

di Andrew Haigh

È una Londra asettica, fredda e in cui si muovono solo fantasmi, quella raccontata da Andrew Haigh. Una metropoli che esaspera quel sentimento di solitudine insito nell’essere umano, in quanto in essa si muovono individui distanti, lontani, incapaci di comunicare. E in questa città in cui quotidianamente tantissimi gusci vuoti si scambiano per le strade, si incontrano e scontrano tra di loro senza nemmeno guardarsi in faccia, due anime sono destinate a “vedersi” veramente, forse in un momento della vita in cui il peso della solitudine è diventato veramente insostenibile per entrambi. “Almeno tu nell’Universo”, cantava Mia Martini, frase che sembra sintetizzare un po’ il rapporto tra Adam e Harry e parzialmente anche il significato del film che si conclude proprio su un’immagine “celeste”. Estranei (ma il titolo originale è assai più evocativo) è un film che condensa in sé diversi temi, dal lutto all’amore, dalla solitudine all’accettazione di sé stessi; ma è anche un elogio al potere dell’immaginazione e del cinema stesso, in quanto Adam è uno sceneggiatore e tutto ciò che vediamo nel corso del film non è altro che un prodotto della sua fantasia autoriale, una sublimazione della sofferenza. E la scelta di Haigh, anche qui, è quella di criticare la metropoli, le cui rigidità, razionalità e perfetta geometria entrano in netta contrapposizione con la libertà, l’irrazionalità e i confini fluidi e indefiniti tra realtà e immaginazione che costituiscono il racconto. Adam – nella sua allucinazione (parzialmente lucida) – vive ciò che non ha mai vissuto: il rapporto con i genitori, morti quando lui aveva solo 12 anni, e parallelamente il suo primo amore. Ma, prima o poi, arriva il momento di accettare la perdita, di lasciare andare ciò che è ormai inesorabilmente perduto. E l’ultima immagine, quella di Adam e Harry sdraiati sul letto, accompagnata dalle note di The Power of Love, racchiude in sé tutto il significato del film: la metropoli e il capitalismo trasformano gli individui in macchine solitarie ma l’immaginazione e l’amore, in quanto capacità intrinsecamente umane, possono essere la nostra ancora di salvezza.